Luglio è stato il mese peggiore dall’inizio della pandemia. California, Texas e Florida hanno superato New York. Ora si teme la diffusione nelle zone rurali e aree zone urbane degli stati remoti
di Riccardo Barlaam
NEW YORK - L’America è in crisi. Ma il coronavirus non è in crisi, e continua a diffondersi. La recessione per la prima economia mondiale è la peggiore dagli anni Trenta. Il Pil Usa nell’ultimo trimestre è crollato su base annualizzata del 32,9%, ai minimi dal 1947 quando è cominciata la serie dei dati statistici. I disoccupati sono oltre 32milioni: la percentuale dei senza lavoro è salita all’11,1% dai minimi del 3,5% di febbraio, che era il migliore dato degli ultimi cinquant’anni. Lord & Taylor, catena di magazzini più antica degli Stati Uniti, fondata nel lontano 1826, ha appena chiuso i battenti dei suoi 40 negozi americani, molti situati nei grandi centri commerciali o nel downtown delle principali città americane. La società in bancarotta ha portato i libri in tribunale per accedere alle procedure di fallimento concordate del Chapter 11. Un altro grande retailer Usa, il numero 28, che fallisce dall’inizio della crisi del Covid: nel primo semestre oltre 3.600 aziende americane piccole e grandi, in tutti i settori, sono fallite, secondo i dati della società specializzata Epiq.
Niente accordo per nuovi aiuti
Al Congresso repubblicani e democratici continuano senza esito i negoziati per varare un nuovo piano di aiuti federali, che possa mediare tra i due pacchetti da 1.100 miliardi e oltre 3mila miliardi approvati da maggioranza e opposizione. Venerdì sono scaduti i sussidi settimanali alla disoccupazione di 600 dollari per gli oltre 30 milioni di disoccupati. Le posizioni sono distanti. I democratici chiedono maggiori sostegni per le famiglie e aiuti per città e stati a rischio default che i repubblicani non vogliono concedere a meno di cento giorni dalle elezioni. I consulenti legali della Casa Bianca stanno studiando se esista la possibilità da parte del presidente per autorizzare l’estensione dei sussidi di disoccupazione, in assenza di un accordo parlamentare.
Luglio il mese peggiore
Ma quello che più preoccupa sulle prospettive dell’economia americana è l’andamento dell’emergenza del Covid-19, tutt’altro che sotto controllo. Luglio è stato il peggiore mese da quando la pandemia è iniziata negli Usa. Si sono verificati 1,86 milioni di nuovi casi, che rappresentano il 41% rispetto al totale dei 4,6 milioni di malati. Negli ultimi dieci giorni il numero dei morti, salito oltre 155mila, è stato sempre sopra le mille vittime, con punte di 1.500 al giorno: quasi un morto al minuto. I dati di domenica sono in diminuzione perché molte contee non inviano le rilevazioni nei giorni festivi.
Superata New York
A luglio California, Texas e Florida, nuovi stati al centro dei nuovi focolai, hanno tutti superato New York e lo stato di Ny, dove la pandemia ha avuto inizio in marzo, con oltre 400mila casi per ogni stato. Luglio è stato il peggior mese per numero di morti in 16 stati americani (+59% nelle ultime due settimane). Solo quattro stati – Arizona, Delaware, Maine e Utah – hanno delle medie di nuovi casi più basse di quelle della fine di giugno.
L’allarme degli scienziati
Gli scienziati, dopo gli Stati del Sud e dell’Ovest, ora lanciano allarmi preoccupanti sulla diffusione crescente che si sta spostando nelle aree rurali e nelle aree urbane degli stati più remoti. «Diversamente da molte nazioni nel mondo gli Stati Uniti non sono al momento in grado di controllare questa epidemia», scrivono gli esperti della John Hopkins University. Un altro report dell’Association of American Medical Colleges offre la stessa visione: «Se la nazione non cambierà – e presto – il modo con cui sta affrontando l’emergenza le morti negli Stati uniti potrebbero salire ancora a multipli di centinaia di migliaia».
L’assenza di coordinamento nazionale
La mancanza di coordinamento tra gli stati e i messaggi contraddittori e senza base scientifica lanciati di continuo da Trump non fanno che rendere questa sfida ancora più difficile da vincere. Gli Stati Uniti, prima potenza mondiale, somigliano oggi a un gigante dai piedi d’argilla. «Il costo della mancanza di una risposta coordinata su base nazionale è drammatico», ha scritto in un paper l’economista del Mit Sinan Aral. La pandemia ha messo in luce le pecche del modello sanitario americano e le disparità economiche tra gruppi etnici: secondo i dati del Cdc i tassi di ospedalizzazione sono cinque volte più alti tra afroamericani, latino e nativi americani rispetto ai bianchi. Un documento interno della Casa Bianca redatto dalla Fema conta 453.659 nuovi casi solo nell’ultima settimana. Alaska, Missouri, Montana, Oklahoma e Hawaii sono i cinque stati che hanno registrato l’incremento maggiore.
Situazione in peggioramento
Secondo i dati dell’Università del Massachusetts, che ha riunito più di 30 modelli statistici sul Covid, nelle prossime due settimane i morti aumenteranno in 37 dei 50 stati americani. Motivo per cui la dottoressa Deborah Birx, a capo della task force governativa sul coronavirus, ha affermato che gli Stati Uniti stanno entrando in una «nuova fase» nella battaglia contro il virus, che sarà ancora peggiore rispetto all’attuale, invitando gli americani che vivono nei nuovi focolai dell’America profonda a fare attenzione al distanziamento e a indossare le mascherine. Trump ha attaccato la dottoressa Birx definendo «patetiche» le sue preoccupazioni e invitandola ad essere più ottimista.
Le tessere del mosaico cadono ora
I numeri, implacabili, raccontano un’altra realtà. «Le tessere del domino stanno cadendo ora» dice David Rubin direttore del PolicyLab all’Università di Medicina di Philadelphia, che ha messo a punto un modello statistico che mostra che il coronavirus continuerà a diffondersi nelle prossime quattro settimane, a causa degli spostamenti per le vacanze e per gli studenti universitari che a fine mese rientreranno nei college.