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I rider, come unico strumento di rivendicazione salariale, minacciano di violare la privacy dei vip. Mentre si scopre che Amazon sceglie chi licenziare tramite algoritmo. Due vicende che segnano un cambio di passo: anche il grande pubblico si sta accorgendo che la data economy arriva ormai a minacciare le libertà personali

Errore considerarle piccole vicende, casi isolati. Il tutto è invece la manifestazione di un allarme che circolava da tempo, finora inascoltato in nome del “pragmatismo”, dall’inerzia e dalla scarsa sensibilità strategica di cui è intrisa la nostra civiltà[1], circolano da tempo.

Ne parlano da tempo analisti autorevoli, riconosciuti e ben integrati[2], non di controverse intemerate lanciate da fanatici o complottisti.

Oggi, però, come sempre in ritardo, la cosiddetta opinione pubblica prende atto del problema.

Quello della vulnerabilità a cui tutti ci esponiamo acquistando servizi a bassissimo prezzo (in termini di denaro e di fatica) in cambio dell’acquiescenza a generare dati e cederli a terzi senza controllo.