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Indicatore geopolitico: 9.000
La rotta ferroviaria Cina-Europa è stata percorsa 9 mila volte dal 2011 a fine giugno 2018, secondo l’azienda statale China railway corporation.
Perché è importante
Nonostante la crescente diffidenza dei paesi europei verso la penetrazione economica cinese, l’interazione commerciale tra Impero del Centro e Vecchio Continente si intensifica. Nel 2017, i treni merci hanno compiuto il percorso che li collega 3 mila volte e nel 2018 i viaggi dovrebbero essere 4 mila. Dal 2011, i treni che hanno percorso la rotta sino-europea hanno trasportato merci per 800 mila Teu (misura standard di volume nel trasporto dei container Iso), coinvolgendo 48 città cinesi e 42 europee. Tuttavia, la Cina non è riuscita a persuadere l’Ue a fare causa comune contro i dazi Usa (vedi la seconda notizia della rassegna).
LA LIBIA NELLE NUOVE VIE DELLA SETA
La Repubblica Popolare torna a interessarsi in maniera diretta del futuro della Libia, un tempo sua fonte di petrolio e meta delle esportazioni cinesi nei settori delle infrastrutture e delle telecomunicazioni. Il Governo di unità nazionale libico ha infatti firmato una dichiarazione d’intesa per aderire alla Belt and Road Initiative (Bri, o nuove vie della seta) durante il recente summit sulla cooperazione sino-araba.
La mossa è per ora simbolica, considerati gli alti livelli di frammentazione del paese e la scarsa propensione di Pechino a invischiarsi direttamente in contesti ad alta instabilità geopolitica.
Le cose potrebbero cambiare quando si tratterà di ricostruire il paese. Magari in seguito alle elezioni che l’Onu vorrebbe si tenessero entro fine anno. Da qualche mese, le parti dialogano in merito alla ricerca di una soluzione pacifica alla crisi in Libia, alla reintroduzione delle aziende cinesi nel paese (evacuate da Pechino nel 2011) e al possibile contributo della Repubblica Popolare all’edificazione di nuove infrastrutture. Il presidente del Governo d’unità nazionale Fayez Serraj potrà discutere con Xi Jinping di questi argomenti il prossimo settembre, quando a Pechino si terrà il Forum sulla cooperazione Cina-Africa.
Durante il summit sino-arabo, il presidente cinese ha anche annunciato che fornirà 23 miliardi di dollari per progetti infrastrutturali, stabilità sociale e supporto umanitario in Siria, Yemen, Giordania e Libano. Pechino potrebbe sfruttare il bisogno di infrastrutture di tali paesi per inglobarli nel suo progetto.
LA NUOVA ROTTA MILANO-CHENGDU
Un nuovo tentativo di collegare Italia e Cina via treno è in corso. Only Italia e Chengdu international railway service hanno firmato un accordo per trasportare merci tra il terminal di Busto Arsizio (Milano) e Chengdu (nel Sichuan) in un tempo che varia tra i 17 e i 18 giorni. Lo snodo italiano si servirà dei servizi logistici dell’azienda svizzera Hupac per lo smistamento dei container nella penisola.
La tempistica prevista è la stessa impiegata a novembre dall’unico treno che ha percorso la rotta tra il polo logistico di Mortara (Pavia) e la medesima città cinese lanciata lo scorso giugno. Da quel momento la tratta non è stata più seguita, probabilmente per problemi legati ai costi di trasporto.
Per l’Italia, l’incremento delle connessioni terrestri e marittime con la Repubblica Popolare è essenziale all’acquisizione di un ruolo formale nell’ambito delle nuove vie della seta. Ruolo che la Penisola stenta a trovare.
CINA E UE NON SI ALLEANO CONTRO GLI USA
Il summit Cina-Ue non è andato come sperava Pechino. L’obiettivo era concordare con Bruxelles una strategia comune per contrastare la politica commerciale degli Usa di Donald Trump. Invece il vertice ha prodotto solo una dichiarazione congiunta in cui si è ribadita la rilevanza del libero scambio e del multilateralismo.
A poco è servito lo sforzo diplomatico del premier cinese Li Keqiang, che poco prima del summit aveva incontrato la cancelliera tedesca Angela Merkel per avere il suo consenso e smorzare i dubbi europei circa gli investimenti della Repubblica Popolare in Europa. Mancando l’appoggio del Vecchio Continente, Pechino ha chiesto unilateralmente all’Organizzazione mondiale del commercio di avviare un’indagine contro i dazi Usa.
LE NUOVE VIE DELLA SETA SARANNO A LEVITAZIONE MAGNETICA?
In futuro, il commercio lungo le nuove vie della seta potrebbe viaggiare a oltre mille chilometri orari. La Tongren transportation & tourism investment group (basata a Trongren, nel Guizhou) ha firmato un accordo con Hyperloop Tt, azienda Californiana controllata da Jump starter (partecipata dall’italiana Digital magics), la quale ha progettato un sistema logistico che promette di trasportare merci e persone a una velocità massima di 1.223 chilometri orari. Il viaggio avviene all’interno di capsule a levitazione magnetica in un tubo a bassa pressione. Per Hyperloop si tratta del primo accordo firmato con la Cina, il dodicesimo in totale e il terzo di tipo commerciale.
L’azienda californiana fornirà tecnologia, expertise ed equipaggiamento essenziale, mentre Tongren si occuperà della certificazione, della cornice regolatoria e della realizzazione del sistema. La collaborazione consisterà inizialmente nella creazione di un percorso di prova lungo dieci chilometri tra le montagne del Guizhou. Qui Pechino sta facendo grandi investimenti infrastrutturali per attribuire alla provincia un ruolo più rilevante lungo le nuove vie della seta.
GEOPOLITICA DELLA FIBRA OTTICA
Pechino vuole che le nuove vie della seta siano anche digitali. Questo mese la Huawei ha inaugurato in Pakistan un nuovo percorso di cavi in fibra ottica lungo circa mille chilometri per unire la città pakistana di Rawalpindi al confine cinese presso il passo di Khunjrab. In una seconda fase, questo raggiungerà probabilmente il porto di Gwadar, punto d’approdo del corridoio economico Cina-Pakistan. Huawei sta inoltre costruendo cavi sottomarini in almeno dieci paesi africani, mentre China Mobile sta sviluppando progetti per collegare la Repubblica Popolare a Myanmar, Nepal, Kirghizistan.
I cavi in fibra ottica sono le arterie del mondo digitale e il loro controllo rappresenta uno strumento di potenza nella geopolitica dell’informazione. Il 99% del traffico telefonico e di Internet mondiale passa infatti per i cavi sottomarini.
Per la Cina – come per altre potenze – non è essenziale quindi solo elevare il livello di connessione digitale con il resto del mondo, ma anche poter esercitare il controllo sull’hardware che trasporta le informazioni. Le sorti delle guerre cibernetiche dipendono sia dalla capacità di hackeraggio dei software sia dalla possibilità di gestire, monitorare o interrompere fisicamente il trasporto dati.
IL PAKISTAN VOTA ANCHE SULLA BRI
L’esito delle elezioni svoltesi in Pakistan potrebbe favorire lo sviluppo del corridoio economico Cina-Pakistan, considerato da Pechino una delle arterie pulsanti della Bri. Imran Khan, che diventerà primo ministro, ha definito il progetto “un’opportunità d’oro” in una recente intervista rilasciata al quotidiano cinese Guangming Daily.
Tuttavia, il Pakistan deve fare i conti con un’imminente crisi debitoria, secondo un recente reportage del Wall Street Journal. Il quotidiano Usa sottolinea che parte del debito estero accumulato dal paese dell’Asia meridionale è dovuto alla realizzazione del corridoio, le cui infrastrutture sono ancora in fase di sviluppo. Pechino ha risposto affermando che le sue responsabilità sono marginali. Secondo le stime ufficiali pakistane, il 42% del debito estero è infatti verso istituzioni finanziarie multilaterali, il 18% è verso il Club di Parigi (di cui la Cina non fa parte), mentre i prestiti preferenziali cinesi ammontano solo al 10%. La testata statunitense ha controbattuto sottolineando che i dati descritti sono parziali poiché non considerano gli oltre 12 miliardi di dollari in prestiti commerciali elargiti dalla Cina e i 3 miliardi di dollari in fondi d’emergenza.
A prescindere dalla polemica tra la testata statunitense e il governo cinese, resta da vedere se il nuovo governo di Islamabad chiederà aiuto a Pechino (alimentandone il potere negoziale) oppure al Fondo monetario internazionale (Fmi) per risanare la sua situazione finanziaria. Nel secondo caso, l’Fmi potrebbe pretendere da Islamabad maggiore trasparenza in merito al denaro elargito dalla Repubblica Popolare, rallentando potenzialmente lo sviluppo del corridoio.
Per Pechino, il danno sarebbe doppio, visto che l’Fmi è uno dei pilastri dell’ordine mondiale guidato da Washington; ordine che l’Impero del Centro vorrebbe in futuro plasmare.
LA MALAYSIA SOSPENDE UN PROGETTO CINESE
Kuala Lumpur è seriamente intenzionata a ridiscutere i progetti infrastrutturali concordati con Pechino. Il governo malaysiano del neoeletto primo ministro Mahathir Mohamad ha sospeso la costruzione della East coast rail link, approvata dal suo predecessore Najib Razak, ora indagato per corruzione. Se mai sarà realizzata, la linea ferroviaria unirà il Sud della Thailandia a Porto Klang (vicino a Kuala Lumpur), tagliando il paese da Est a Ovest.
Kuala Lampur, che sta rivedendo anche le altre iniziative infrastrutturali finanziate dalla Cina, ha giudicato il progetto troppo dispendioso. Prossimamente, il ministro delle Finanze malayisiano Lim Guan Eng si recherà in Cina per negoziare una riduzione dei costi.
Pechino potrebbe risentire della battuta d’arresto di tali progetti sia in termini di immagine sia strategici. La Repubblica Popolare intende rafforzare la sua presenza attorno allo Stretto di Malacca, collo di bottiglia dei traffici commerciali mondiali sotto il controllo della Marina Usa.
LA NUOVA AREA DI LIBERO SCAMBIO DI GIBUTI
Gibuti è sempre di più punto di riferimento per la logistica e il commercio africani. Lo strategico paese sul Corno d’Africa ha aperto la prima fase della sua zona internazionale di libero scambio (acronimo inglese Diftz), destinata a essere la più grande del continente nero. La Diftz sarà gestita dal governo locale e da tre compagnie cinesi: China merchants group (presente anche a Ravenna), Dalian port authority e Izp.
Il progetto, che vale 3.5 miliardi di dollari, conferma il rafforzamento della collaborazione tra Cina e Gibuti, il quale ospita dallo scorso anno la prima base militare cinese all’estero (oltre a quelle di Usa, Giappone, Francia e Italia) e un porto multiuso realizzato dalla Repubblica Popolare. Il paese africano rappresenta l’esempio più chiaro della combinazione degli interessi economici e securitari cinesi nell’ambito della Bri.
SRI LANKA: SÌ AL DENARO, NO ALLA BASE CINESE
Lo Sri Lanka sposterà il comando navale meridionale nel suo porto di Hambantota, controllato dalla Cina per i prossimi 99 anni e considerato da Pechino snodo essenziale della via della seta marittima. In questo modo, il governo cingalese ha escluso per ora l’ipotesi secondo cui la Repubblica Popolare potrebbe installare nello scalo marittimo la sua seconda base militare all’estero dopo quella di Gibuti.
La Cina è tra i paesi che hanno contribuito di più alla ricostruzione dello Sri Lanka dopo che nel 2009 è terminata la guerra civile. Oggi, l’alto livello di debito verso la Repubblica Popolare lo rende più vulnerabile alle sue mosse. Tuttavia, il governo cingalese potrebbe aver spostato il comando militare per rassicurare l’India, che esercita ancora una certa influenza su Colombo e teme l’espansionismo cinese. Pechino intanto continua a sostenere l’economia cingalese: questo mese ha promesso 295 milioni di dollari all’isola statuale, che quest’ultima utilizzerà probabilmente per la costruzione di nuove case. A tale “regalo”, la Repubblica Popolare potrebbe aggiungere anche una fregata (notizia data dai media cingalesi, ma non da quelli cinesi) per intensificare la cooperazione militare con Kuala Lumpur.
IL SENEGAL NELLA BRI
Il Senegal è il primo paese dell’Africa occidentale ad aderire alla Bri. Dakar ha firmato la dichiarazione d’intesa con il governo cinese durante il tour diplomatico di Xi Jinping tra Medio Oriente e Africa, che si è concluso con il summit dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) a Johannesburg. La Repubblica Popolare ha già contribuito al finanziamento di una linea ferroviaria tra Dakar, Touba e un parco industriale. La partecipazione ufficiale del Senegal alla Bri spiana la strada ad altri progetti nel paese e prova la ormai radicata presenza cinese in Africa.