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La resistenza di sindaci come Zedda dimostra la necessità di una formazione che aggreghi forze e idee diverse. E Zingaretti potrebbe essere la persona adatta per questo progetto.
i fu la stagione dei sindaci in cui si affermavano personaggi molto radicati nei partiti della sinistra di cui spesso erano dirigenti di primo piano. Fu il caso di Antonio Bassolino che dette vita a fine ’93 a una Giunta in cui c’erano personaggi come Ada Becchi Collidà, Roberto Marone, Roberto Barbieri e Amato Lamberti con Vezio De Lucia. La stagione attuale vede emergere a sinistra, o centrosinistra che dir si voglia, un nucleo di resistenza incardinato su figure assai lontane dai partiti. L’ultimo caso è quello di Massimo Zedda, ma non possiamo dimenticare Beppe Sala e persino i due masanielli, il pugliese Michele Emiliano e il napoletano Luigi De Magistris, che rappresentano una offerta politica non partitica.
SERVE UN PARTITO CHE SIA AGGREGATORE DI IDEE E FORZE DIVERSE
Anche da qui nasce la mia convinzione che la stagione da chiudere è quella del Partito a vocazione maggioritaria. Ho usato e uso invece la formula, non attrattiva, del partito a vocazione minoritaria che vuol dire immaginare un partito, che non può non essere il Pd (vedere i sondaggi sulla sinistra radical per capire il distacco dal popolo di questa area), che ha come ragione di vita il fatto di porsi come aggregatore di idee e di forze diverse, cioè un portatore sano di unità politica. Io penso che Nicola Zingaretti, l’anti-leader, possa svolgere bene questo ruolo. Non credo che la minaccia a questa operazione verrà da Matteo Renzi (non male ieri sera da Bruno Vespa) perché non c’è elettorato per un suo eventuale partitino. Né temo la concorrenza a sinistra dove pure mi auguro che gli “identitari”, capaci di convegni a ripetizione ma privi di azioni politiche nella società, possano fare un buon risultato (così per non disperdere il voto).
IL DIALOGO IN POLITICA È UNA COSA SERIA
Questo partito a vocazione minoritaria che si pone, umilmente, il compito di dar vita a una aggregazione ampia, non può reggere dibattiti devastanti. Quello sulla leadership, che sarà sancita da un voto (Renzi non dice il vero quando afferma che una parte del Pd non accettò il voto che lo incoronò, fu lui, con la rottamazione, che avviò una intollerabile “pulizia etnica”), e quello sul dialogo con i 5 stelle. Un partito che si rispetti dialoga. Solo una volta il pur cauto Alessandro Natta disse, contraddicendo la sua cultura, che con la Dc «neppure un caffè». Volete prendere un caffè con Luigi Di Maio? Fatelo, ma il dialogo è cosa seria, non è una chiacchiera al bar, neppure nel bar frequentato da teste lucide e luciferine. Il dialogo è fatto di fatti che uniscono e che rispondono al quesito unico: quale è il bene che può venire al Paese? Se si fosse in emergenza democratica il dialogo lo si dovrebbe fare contro chi attacca la democrazia. Penso che Matteo Salvini possa essere attratto da questa “ideuzza” ma si farebbe molto male, “glie famo male”. Oppure si dialoga perché si pensa che il Paese abbia bisogno di uno schieramento largo che lo faccia partire come Paese produttivo, attrattivo di investimenti, in grado di rispettare il lavoro e i lavoratori, di ogni colore ed etnia, che sappia stare nella gara internazionale.
I DIALOGHISTI LASCINO IN PACE IL PROSSIMO SEGRETARIO DEL PD
I 5 stelle sono il contrario di tutto questo. Da loro possiamo aspettarci di diventare produttori di “pizza di fango del Camerun”. Il problema non è Danilo Toninelli. Il problema sono tutti loro che vivono in un mondo inventato e adesso molto auto-referenziale guidati dal figlio di un guru defunto che non sa nulla, esattamente come Di Maio e Alessandro Di Battista. Magari fossero populisti. Non escludo che a un certo punto arriverà il momento del dialogo con chi avrà capito che Di Maio è attaccato come una cozza a Salvini, che tradisce le origini del suo movimento e che bisogna voltare pagina per rispettare quegli elettori che avevano chiesto ai 5 stelle la “fine del mondo”. Suggerimento ai dialoghisti: non state a spaccare i maroni sul dialogo al prossimo segretario del Pd. Costui dichiari di avere confini insuperabili verso i razzisti, gli antidemocratici, i riabilitatori di culti e forze neo-fasciste. Poi affermi di essere pronto a dialogare, ma lo faccia su una piccola piattaforma di contenuti, non su calcoli politicisti. Abbiamo già dato.