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C’è una frase attribuita a Slavoj Žižek (o a Mark Fisher, o a Fredric Jameson) che gira insistentemente in rete con la stessa inefficacia di una perla di Paulo Coelho: «è più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo». Sempre la rete, da settembre 2018, ci rimbalza la notizia del ritrovamento del più antico disegno dell’uomo (-73.000 anni) nella caverna di Blombos in Sud Africa. L’Apocalisse di Žižek e la Genesi di Blombos, la fine dei tempi e l’alba del pensiero simbolico. Werner Herzog, nel documentario Cave of Forgotten Dreams (2010) dedicato all’arte rupestre della grotta Chauvet (-32.000 anni), tenta un’associazione simile. Dopo aver filmato le pitture figurative più antiche dell’umanità, con una vertiginosa panoramica “a schiaffo” salta all’oggi, al domani, e filma dei coccodrilli albini in una serra vicino a Chauvet, riscaldata dalle acque di raffreddamento di una centrale nucleare. Bisonti, felini, cavalli, orsi e mammut da un lato, rettili mutanti dall’altro, eredi forse di un mondo post-umano, la promessa di una terra senza di noi. In The Pervert’s Guide to Cinema (2007), Žižek aveva detto che il suo problema con Herzog «è l’ossessione distruttiva, la forza che mette nella creazione dei suoi film – è troppo forte, semplicemente stravolge il film». E il punto (il ponte) tra Genesi e Apocalisse è proprio questo: la forza stravolgente dell’immaginario, il suo dissolvimento.