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Il decreto semplificazioni rischia di complicare e danneggiare la concorrenza. Il caso delle farmacie e degli Ncc. Slitta di una settimana l’esame del Senato. Forse il governo porrà la fiducia
di Claudia Voltattorni

Dai farmacisti ai conducenti, passo indietro sulle liberalizzazioni

Roma Un passo avanti. E due indietro. Semplificare. Ma fino ad un certo punto. Correggere. Ripensarci. Aggiungere in corsa. E intanto prendersi un altro po’ di tempo. La strada del decreto legge Semplificazioni si allunga ancora. E si fa più tortuosa. Perché su molte cose, le anime del governo giallo-verde rischiano di trovarsi proprio su fronti opposti con il rischio di frenate e ritorni al passato. Trivelle e farmacie. Autisti Ncc e autostrade. Rifiuti e caccia. Chi da una parte vuole liberalizzare, chi dall’altra punta ad aumentare norme e regolamenti, magari centralizzando. Con il risultato di complicare anziché semplificare. E di danneggiare la concorrenza.

Emblematico il caso delle farmacie che sta preoccupando tutto il settore. Nel dl Semplificazioni potrebbe essere approvata una modifica voluta dai Cinque Stelle che prevede lo scioglimento delle società che gestiscono farmacie il cui capitale sociale non sia costituito da almeno il 51% da farmacisti iscritti all’albo. Una misura «per tutelare l’autonomia delle farmacie». Un’altra norma abbassa dal 20 al 10% il limite massimo di controllo, diretto o indiretto, per le società di capitale delle farmacie in una stessa regione. Misure simili erano state già proposte, sempre dai Cinque Stelle (e sostenute dalla stessa ministra della Salute Giulia Grillo), durante l’esame della legge di Bilancio, ma quasi subito erano state escluse perché «inammissibili per materia». Ora rientrano dalla finestra e preoccupano i grandi investitori, soprattutto stranieri, che negli anni hanno rilevato e aperto decine e decine di farmacie in tutta Italia e ora si troverebbero costretti a rivedere i loro investimenti, con conseguenze gravi anche per l’occupazione. Poi ci sono le parafarmacie: alcuni emendamenti (a firma Leu) invece chiedono di estendere anche a loro la possibilità di vendere i prodotti da banco di fascia C, oggi esclusiva delle farmacie.

Ma dal blocca trivelle annunciato dal Mise agli autisti Ncc, dalle farmacie alla centrale unica di progettazione, dalle concessioni autostradali a quelle demaniali, molti emendamenti, a firma 5 Stelle ma anche del governo, sembrano segnare un passo indietro nelle liberalizzazioni. Perché, spiega il senatore Salvatore Margiotta, capogruppo Pd in commissione Lavori pubblici, «la Lega sembra quella dell’economia libera, però poi sulle statalizzazioni si fa prendere la mano». Così ecco, ad esempio, sull’attività di noleggio con conducente, il partito di Salvini si trova a fianco dei Cinque Stelle nel proporre l’emendamento che, sostituendo l’annunciato decreto legge, blocca il rilascio di nuove autorizzazioni e soprattutto restringe gli ambiti di servizio delle auto, limitandolo alle province. E già si prevedono nuove proteste e nuovi blocchi da parte degli autisti.

Se poi da una parte c’è la questione delle trivelle sì-trivelle no che rischia di far fare una brutta figura ai Cinque Stelle (che avevano promesso di bloccare le trivellazioni nel Mar Ionio) e agitare la coalizione di governo, dall’altra ecco un emendamento, sempre grillino, che innalza al 100% i lavori da mettere a gara per le concessioni autostradali. Con il rischio di nuove frizioni con gli alleati leghisti e il loro elettorato. C’è poi lo stop al Sistri, il sistema di tracciabilità dei rifiuti delle aziende che viene definitivamente cancellato, con il governo che intende eliminare la società concessionaria per avocare a sé il nuovo sistema: se ne occuperebbe una struttura ministeriale ad hoc.

Probabili tensioni tra alleati potrebbero arrivare anche da alcuni emendamenti della Lega sulla caccia: prevedono la trasformazione delle aziende faunistico-venatorie in riserve di caccia a scopo di lucro e la possibilità di sostituire gli agenti venatori delle Province con privati cacciatori. Già minacciate proteste dal mondo ambientalista.

Le frizioni tra Lega e Cinque Stelle costringono quindi a rimandare di un’altra settimana l’esame del disegno di legge numero 989 che arriverà nell’Aula del Senato solo martedì 22 gennaio. E già si vocifera di un possibile ricorso al voto di fiducia (come già per il decreto sicurezza e la legge di Bilancio) per accelerare i tempi. Ma intanto il dl, con i suoi 11 articoli, si allarga a dismisura per includere quante più norme possibili. E diventa sempre più un «omnibus». Da oggi le commissioni Affari costituzionali e Lavori pubblici di Palazzo Madama devono esaminare l’ammissibilità di oltre mille emendamenti.