Nella rubrica Racconti di Augias, qui il dettaglio, si riportano in sintesi i cinque punti che secondo lo scrittore M. Molinari (direttore de LaStampa), sono causa della situazione attuale della politica italiana:

  1. il timore dell’Islam;
  2. la competizione economiche con i migranti;
  3. la paura di perdere l’identità nazionale;
  4. l’insofferenza per l’Europa come insieme di regole;
  5. il fascino di leader autoritari come Vladimir Putin

A mio parere l’analisi è un po approssimativa o meglio non completa e in qualche modo porge il fianco al momento osservato: il popullismo stesso.

Non ho letto il libro e quindi mi baso solo sul link sopra riportato e sull’evidenza dei punti citati da Augias.

Ricordando che l’analisi è quella della situazione italiana, i cinque punti non evidenziano i veri processi politici ed economici che hanno portato questo paese alla deriva.

A.Se ci fosse una politica nazionale e locale di qualità, fatta da amministratori capaci, esperti e responsabili non avremmo il distacco e l’avversione dei cittadini verso tutto quanto è “pubblico”.

B.Se ci fosse un sistema economico non corporativo, che premiasse il merito non avremmo un paese fermo e saremmo in grado di gestire risorse e organizzare piani di cooperazione e di inclusione come avviene in altri paese europei.

E ora vediamo le cause.

Per capire il punto A dobbiamo andare leggermente indientro di non molti anni, Dopo il 68 vi è stato un lento e progressivo svuotamento delle istituzioni con un letterale anientamento delle scuole di politica. Esse non dovevano alimentare solo le segreterie dei partiti ma costruire una classe dirigente utile al paese. Certo che:

  • non aver fatto i conti con il fascismo, qui un salto indientro un pochino più grande,
  • avere una chiesa cattolica, qui nessun salto poiché è attuale sempre – da 2000 anni – così presente e nell’esercizio delle sue funzioni così incancrenita e paragonabile solo a ciò che attua nei paese del sud america

non aiuta a sviluppare un ceto politico che abbia etica e responsabilità.

Quindi la forma di democrazia consensuale ormai pienamente realizzata non lascia via d’uscita: il paese è in mano a incapaci che con i meccanismi sociali messi a disposizione dalla tecnologia orientano a piacimento il proprio percorso all’interno della gestione del potere. Perchè è questo ciò che è diventata la politica in questo paese.

Per capire il punto B dobbiamo osservare ciò che è avvenuto dopo il secondo conflitto mondiale. Un paese in macerie e appoggiato sui soldi americani ha facilmente avviato un boom che ha messo subito in evidenza, avvantaggiati per ceto e opportunità, una classe di imprenditori che alla lunga ha mostrato tutta le sua incapacità. Corporativismo, impostazione padronale, mancanza di senso civico (non solo da parte di imprenditori ma di tutti i cittadini); con politiche economiche come la svalutazione monetaria o l'”aiutino di stato” (sempre per i più grandi, sempre ai soliti), ha praticamente distrutto il tessuto e la mentalità economica italiana. Punto d’arrivo è l’entrata nell’euro: no svalutazione, si competizione.

Non dimentico ovviamente la situazione economica capitalistica internazionale che da un lato può esaltare il fantomatico made in italy ma che con un sistema-paese che non esiste e con le economie di scala dei paese emergenti conduce alla preghiera all’acquisto, da parte degli attori nostrani, a favore dei colossi internazionali al fine di evitare il fallimento.

Tim, Telecom, Giugiaro, PininFarina, Pernigotti, Buitoni, Algida, Gucci, Valentino, Loro Piana, Agnesi, Ducati, Magneti Marelli, Italcementi, Parmalat, Galbani, Locatelli, Invernizzi, Ferretti Yacht, Krizia, Bulgari, Pomellato, Brioni, Valentino, Ferrè, la Rinascente, Poltrona Frau, Edison, Saras, Wind, Ansaldo, Fiat ferroviaria, Tibb, Alitalia, Merloni, Cartiere di Fabriano.
Infine FCA, la prima sanguisuga italiana, americanizzata per non fallire, espatriata in Olandaa e in UK per seguire le normali e spontanee esigenze di fiscalizzazione e bilancio (solo a favore degli azionisti).

Quindi un sistema economico nazionale che non è in grado di soddisfare le necessità del paese e che vede crescere un unico valore: la percentuale di persone giovani laureate ad emigrare.

Concluderei osservando che più che cause quelli che Molinari osserva sono effetti.

E allora aggiungo e termino con una critica: se oggi abbiamo questo senso comune e dalle istituzioni otteniamo ben poco (carenze in scuola e istruzione) dov’è il quarto potere? Dov’è la stampa che dovrebbe contrappore l’omologazione al senso critico?

Molinari è in ottima compagnia.