<fonte>

Quello dello yuan era e resta un sistema di cambio gestito: la Pboc fissa una parità centrale nei confronti del dollaro e poi permette al cambio di muoversi all’interno di una banda d’oscillazione del 2% (in più o in meno). Quando il rapporto si avvicina ai limiti della banda, la Banca centrale cinese (Pboc) interviene sul mercato per evitare che ne esca. La parità centrale non resta fissa, ma viene comunicata di giorno in giorno (un sistema molto diverso dal peg, che è un cambio fisso): nel tempo, quindi, il rapporto di cambio può variare in misura rilevante e infatti dal 2005, quando il meccanismo fu adottato abbandonando il peg sul dollaro, lo yuan si è apprezzato di oltre il 25%.

A fine giornata la Pboc comunica poi il fixing, cioè la parità centrale per le contrattazioni del giorno successivo. Prima lo faceva indipendentemente dalle indicazioni del mercato. Come ha spiegato la stessa Pboc, da martedì 11 agosto il punto di riferimento per il fixing diventa la chiusura della seduta, calcolata dalla stessa Pboc, tenuto conto della domanda e dell’offerta e dell’andamento delle maggiori valute. Una ventina di market makers, non solo cinesi, inviano alla Pboc proposte di prezzi di acquisto e vendita di yuan. A fine giornata la Pboc calcola una media, senza tenere conto dei valori estremi. Il risultato è il fixing (da non confondere con la chiusura di giornata: un esempio, ieri la Banca centrale cinese ha fissato la parità centrale a 6,3864 per un dollaro, contro una parità centrale di 6,3915 del 20 e una chiusura di 6,3890 sempre del 20). Questo meccanismo tiene maggiormente conto del mercato.

L’11 agosto la Pboc ha anche abbassato il fixing dell’1,9%, affermando che si sarebbe trattato di una una tantum.

 

Cina/La flessione dello yuan è quindi una svalutazione competitiva o un deprezzamento?

Dall’11 agosto, lo yuan è arrivato a perdere un massimo del 4,45%, per poi risalire verso il -3% nei confronti del dollaro. Prima dell’intervento, il cambio reale effettivo era salito del 18,5% e nessuno considerava più lo yuan sottovalutato. Inoltre, la Pboc è intervenuta più volte per arginare la flessione del cambio, anche fissando in fixing in rialzo. Si può parlare di deprezzamento dello yuan, peraltro pilotato, ma non di svalutazione competitiva.

 

Cina/E perché lo yuan scende?

L’economia cinese è in frenata, tutti gli indicatori economici (esportazioni, produzione industriale, vendite al dettaglio) puntano verso il basso. Il Pil dichiarato dal governo è già ai minimi da vent’anni, ma molti economisti sono convinti che i dati ufficiali siano in qualche modo gonfiati e il tasso di crescita non sia del 7%, ma del 5 o addirittura del 3%. Il mercati sono sovravalutati e gli investitori temono una crisi finanziaria. Il debito pubblico è al 280% del Pil. Anche il surplus commerciale è in discesa: nel 2007 era pari al 10% del Pil, l’anno scorso è sceso al 2,1%. Questo andamento sembra suggerire che negli ultimi anni la Cina abbia agito da ammortizzatore della crisi globale, alimentando instabilità interna, con il surriscaldamento dell’immobiliare, l’ipertrofia del sistema creditizio ombra, il decollo verticale dei listini azionari e dell’indebitamento. Lasciando scendere lo yuan e promuovendo la correzione dei mercati azionari, Pechino starebbe allora abbandonando un ruolo da “cuscinetto” che in ogni caso non è più in grado di svolgere.

 

Cina/Se l’economia cinese è in crisi, che succede al resto del mondo?

La Cina, seconda economia mondiale dopo gli Stati Uniti, è un grande consumatore di energia e materie prime: se le sue imprese rallentano, ne importano meno. I primi Paesi a soffrirne sono quindi i produttori di commodities e le loro valute, che stanno cedendo terreno in fretta. Il calo dei prezzi delle materie prime nell’ultimo anno è in gran parte spiegato proprio dalla frenata cinese e alimenta l’ondata deflattiva che colpisce anche Europa e Stati Uniti.

La Cina è anche un grande mercato: vero che avendo un surplus commerciale, il suo contributo al Pil del resto del mondo, da questo punto di vista, può essere considerato negativo. Tuttavia, una profonda flessione delle sue importazioni di beni e servizi potrebbe assestare un colpo pesante a interi settori economici. Con l’Europa ancora in depressione, se si spegne anche il motore cinese, la responsabilità di trainare l’economia mondiale tornerà tutta sulle spalle degli Stati Uniti e la Federal Reserve potrebbe essere spinta a rimandare ancora l’aumento dei tassi: nel nuovo scenario determinato dalla Pboc, infatti, un rialzo potrebbe far schizzare il dollaro, accelerare la caduta delle monete legate alle materie prime e dei Paesi emergenti e tradursi in un eccesso di stretta monetaria negli Usa, che potrebbero veder soffocare fin troppo presto la ripresa in atto.

 

Cina/Perché l’Fmi ha promosso la decisione della Pboc?

Perché è un passo verso la liberalizzazione dei cambi, anche alla luce dell’eventuale inclusione dello yuan nel suo paniere dei diritti speciali di prelievo. Lo yuan entrerebbe così tra le valuta di riserva internazionale. Per quest’anno l’Fmi ha però detto no.