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L’assemblea del 20 aprile 2013 che ha portato all’elezione dell’attuale consiglio di sorveglianza guidato da Andrea Moltrasio, e appoggiato da Bazoli e Zanetti, potrebbe essere stata falsata dalla raccolta di deleghe in bianco o con firme false. Oltre il 60% dei voti dei vincenti è stato ottenuto per delega. Le perquisizioni e l’inchiesta

di WALTER GALBIATI

MILANO – “E’ sua la delega? “No”. “Sa di aver votato la Lista di Andrea Moltrasio?” “Moltrasio chi?” Stupiti, a volte sbalorditi, ma oltre cento soci della più grande banca popolare italiana non hanno potuto fingere davanti alle domande del Nucleo valutario della Guardia di Finanza. Non sapevano di aver avuto una parte decisiva nell’elezione dell’ultimo consiglio di sorveglianza di Ubi banca avvenuta il 20 aprile 2013, quando Andrea Moltrasio e la sua lista, proposta dall’uscente consiglio e appoggiata da Giovani Bazoli e da Emilio Zantetti attraverso le rispettive associazioni “Banca Lombarda e piemontese” e “Amici di Ubi Banca”, hanno incassato la vittoria con 7.318 voti su 13.685 schede totali, oltre il 53% dei votanti.

Un’assemblea sulla quale però ora cala il dubbio degli inquirenti che, dopo un centinaio di interrogatori, hanno potuto appurare che i voti raccolti attraverso le deleghe potrebbero risultare falsi. Un dettaglio non di poco conto perché i numeri dicono che cambierebbero le carte in tavola. Degli oltre 7mila voti che hanno permesso a Moltrasio di vincere, ben 4.991, pari al 60%, sono stati infatti espressi attraverso la delega. E solo 2.849 sono arrivati dai soci presenti in assemblea.

La lista “Ubi Banca Popolare”, guidata da Andrea Resti e classificatasi seconda, ha ottenuto 4.693 voti, abbastanza per ribaltare il risultato se ai vincenti venisse tolto il contributo delle deleghe. La terza lista in gara “Ubi Banca ci siamo” di Giorgio Jannone ha ottenuto invece solo 1.548 voti, apparendo di fatto fuori dai giochi anche in caso di un rimescolamento dei risultati.

 

Certo bisognerebbe appurare che non esista il “così fan tutti”, ma nel caso della Lista appoggiata da Bazoli e Zanetti, la procura ha scoperto una vera e propria organizzazione dedita alla raccolta delle deleghe, fino alla falsificazione delle firme dei soci/clienti. La filiera si dipanava dai direttori generali delle controllate ai direttori territoriali che a loro volta davano le istruzioni ai direttori di filiale. Qui avveniva il lavoro certosino: nel migliore dei casi consisteva nel chiedere le deleghe in bianco ai soci, molte volte anziani ignari dei meccanismi di voto, nel peggiore, invece, si arrivava all’utilizzo della firma del correntista con un semplice copia e incolla di quella depositata in filiale. In pochi minuti la delega era fatta. Oltre ai finti deleganti, anche molti direttori hanno confermato l’esistenza del meccanismo di raccolta.

Il giochetto andava bene a tutti. Ai vertici che venivano eletti e ai dipendenti conniventi che potevano ottenere promozioni in posti chiave in virtù della loro fedeltà nello svolgere la raccolta delle deleghe. Per avere un  consenso più ampio, gli attuali vertici avrebbero chiesto aiuto anche alla Compagnia delle Opere e alla Confiab (Consorzio fidi fra imprese artigiane della provincia di Bergamo). Tutti con il compito di reclutare soci per l’assemblea, perché “avere una banca” può sempre far comodo alla propria impresa, quando si va chiedere un prestito o un favore.133119452-f05105cb-99d2-4419-a345-374041918ec8